"Al Condominni" poesia brillante in dialetto parmigiano di Bruno Pedraneschi,letta da Enrico Maletti

Estratto di un minuto del doppiaggio in dialetto parmigiano, realizzato nell'estate del 1996, tratto dal film "Ombre rosse" (1939) di John Ford. La voce di Ringo (John Wayne) è di Enrico Maletti


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domenica 27 gennaio 2013

Il Vangelo della domenica. Commento di don Umberto Cocconi.



 
Pubblicato da Don Umberto Cocconi
il giorno domenica 20 gennaio 2013 alle ore 12,45

Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch'io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l'anno di grazia del Signore». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all'inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato»
(dal vangelo secondo Luca).

Non ci fanno sognare le parole di Gesù mentre proclama il compiersi della profezia del profeta Isaia, sulla sua persona? Tutti gli occhi di coloro che ascoltano sono fissi su di lui. Gesù proclama davanti a tutti l’annuncio del Giubileo più grande: l’inizio di un tempo nuovo  – l’anno di grazia – per la storia dell’umanità. Gesù si sente mandato per trasformare il mondo: è venuto a portare nella vita dell’umanità, nel cuore di ogni persona, il “vino buono” che dona la vera gioia. E’ venuto ad accendere la speranza: nulla sarà più come prima, per colui che ascolta. Il brano del profeta Isaia è quindi il programma di Gesù, il compimento del progetto di Dio a favore dell’umanità di tutti i tempi e di tutti i luoghi. E’ un messaggio che sconvolge gli schemi della storia e dell’umanità di sempre. Il lieto annunzio è una grande gioia – non una serie di cose da realizzare, ma una condizione da vivere, un dono da accogliere perché il regno di Dio è in mezzo a noi. Gesù dona all’umanità ferita la libertà, il Giubileo eterno.
 
La lunga attesa di Israele trova in Gesù il suo compimento, sebbene in modo inatteso e straordinario, tanto da superare ogni umana immaginazione. Da questo momento in poi, la storia diventerà un Giubileo, tempo di Dio e dunque tempo di giustizia, di riconciliazione, di perdono tra gli uomini. Un tempo di libertà e di felicità questo, soprattutto, un evento di Grazia nel quale, si sperimenterà la presenza di Dio. Chi ascolta, vede e incontra Gesù, ascolta, vede e incontra personalmente Dio. Gesù è l’Oggi di Dio! Il Padre «mandò infatti suo Figlio, cioè il Verbo eterno, che illumina tutti gli uomini, affinché dimorasse tra loro e spiegasse loro i segreti di Dio. Gesù Cristo dunque, il Verbo fatto carne, mandato come “uomo agli uomini”, “parla le parole di Dio” e porta a compimento l’opera di salvezza affidatagli dal Padre» (Dei Verbum). Dovremmo scommettere di più quindi sulla possibilità che il Vangelo vissuto e pensato sia germe e fermento di cultura e di civiltà, perché ha il potere di farci sognare; ma solo se sogneremo insieme sarà l’inizio di una nuova realtà.
 
Il film Cloud Atlas (L’atlante delle nuvole), capolavoro di proporzioni epiche, non racconta una sola storia, ma ben sei vicende, l’una la conseguenza dell’altra, che si sviluppano su sei piani temporali diversi. Sei storie che si dipanano lungo un arco di cinquecento anni: 1849, 1936, 1976, 2012, 2144, 2321. Tutte le vicende finiscono per convergere e intrecciarsi, perché tutto è connesso e ogni azione dei singoli personaggi ha conseguenze nel tempo e nello spazio. «Paura, fede, amore, fenomeni che determinano il corso della nostra vita. Queste forze cominciano molto prima che nasciamo e continuano dopo la nostra fine». Si scoprirà che in ogni epoca uomini e donne coraggiosi lottano e arrivano a sacrificare la propria vita per un ideale. Il loro esempio positivo è come un germe prezioso che si estende nel tempo “terreno” e si propaga anche ad altre dimensioni dell’universo. La parola decisiva del film è: libertà. Solo coloro che ne sono privati hanno il sentore e sperimentano ciò che essa è realmente. Coloro che lottano per un mondo nuovo, non hanno paura di perdere la propria vita per la libertà di tutti. Lo spettatore, tra una storia e l’altra, diverrà lui pure protagonista di una nuova avventura, vorrà conoscere la verità degli eventi a costo della morte e sentirsi responsabile del cambiamento del mondo. «Io penso – afferma uno dei protagonisti del film Cloud Atlas –  che la morte sia solo una porta. Quando questa si chiude, un'altra si apre. Se dovessi immaginare il paradiso, lo immaginerei come una porta aperta dietro la quale troverei lui, ad aspettarmi».
 
Pensiamo allo splendido “resoconto ordinato” steso da Luca per narrare ai “Teòfili” (gli amici di Dio) l’evento Gesù di Nazaret. Mentre leggiamo-ascoltiamo il vangelo, le nostre storie si “uniscono strettamente” tra di loro. Non c’è più solo un “io” che legge: mentre leggiamo, ci connettiamo l’uno all’altro al punto da diventare un NOI. Così ognuno si sente anche parte di una grande storia. Non solo si entra in contatto con “la propria storia”,  ma con le storie di tanti che hanno vissuto prima di te, contemporaneamente a te e che vivranno dopo di te. Insomma, siamo tutti “connessi” all’interno di una grande narrazione, che ha l’ambizione di raccontare e di ricordare, nonostante l’esperienza della morte, l’”oggi” della salvezza di Dio. Tutto ci appare così “unito strettamente” in quanto l’esistenza è fatta di legami che si rinnovano e si evolvono, nello spazio e nel tempo. La nostra vita non ci appartiene: è grazie ai nostri gesti che viene generato non solo il nostro futuro, ma anche quello di tutta l’umanità. Uno dei protagonisti del film afferma: «La nostra vita non è nostra. Siamo legati agli altri. E da ogni crimine e da ogni gentilezza generiamo il nostro futuro ... Credo che esista un altro mondo che ci attende, un mondo migliore, e io ti aspetterò li». 
(DON UMBERTO COCCONI)

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