sabato 30 marzo 2013
E' morto in serata a Roma il cantante Franco Califano.
Franco Califano, noto anche come "Er Califfo" o con l'appellativo del "Maestro" è morto in serata a Roma. Aveva 75 anni, era nato a Tripoli il 14 settembre 1938. Dopo la morte di Enzo Jannacci, in 24 ore è il secondo cantautore e interprete della musica italiana che se ne va.
E.M.
Domenica di Pasqua. Il Vangelo della domenica, commento di don Umberto Cocconi.
Pubblicato da Don Umberto Cocconi il giorno sabato 30 marzo
2013 alle ore 16,56
2013 alle ore 16,56
Il primo giorno della settimana, al mattino presto esse si recarono al sepolcro, portando con sé gli aromi che avevano preparato. Trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepolcro e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre si domandavano che senso avesse tutto questo, ecco due uomini presentarsi a loro in abito sfolgorante. Le donne, impaurite, tenevano il volto chinato a terra, ma quelli dissero loro: "Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea 7e diceva: "Bisogna che il Figlio dell'uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno". Ed esse si ricordarono delle sue parole e, tornate dal sepolcro, annunciarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. Erano Maria Maddalena, Giovanna e Maria madre di Giacomo. Anche le altre, che erano con loro, raccontavano queste cose agli apostoli. Quelle parole parvero a loro come un vaneggiamento e non credevano ad esse. Pietro tuttavia si alzò, corse al sepolcro e, chinatosi, vide soltanto i teli. E tornò indietro, pieno di stupore per l'accaduto (dal vangelo secondo Luca).
Che cosa è realmente successo «il primo giorno della settimana»? Se volessimo ricostruire in modo oggettivo, minuzioso e scientifico i fatti, a quale conclusione giungeremmo? Nella sostanza, è possibile dire qualche cosa di assolutamente certo, di attendibile, di vero sul più grande enigma della storia? Infine, ultima questione: quale grado di autenticità hanno le fonti dalle quali ci pervengono queste notizie? Immaginiamo essere come un normale ispettore Derrick o la signora in Giallo, oppure il simpatico tenente Colombo, o il mitico Sherlock Holmes e di indagare, per accertare quali erano i fatti realmente successi. Il nostro metodo d’indagine, con un po’ di presunzione, seguirà ciò che dice il grande studioso John Meir: «Il mio metodo di studio segue una semplice regola: esso prescinde da ciò che la fede cristiana o l’insegnamento successivo della chiesa dice di Gesù, senza negare né affermare tali affermazioni». Questi riprende l’immagine del “conclave non papale”, dove un gruppo di studiosi sono rinchiusi nella biblioteca universitaria più prestigiosa «con l’imposizione di una dieta spartana e senza la possibilità di uscire, prima di aver elaborato un documento comune su chi sia Gesù di Nazaret e su che cosa abbia significato nel suo tempo e nel suo ambiente. Un requisito essenziale di questo documento è che sia basato su fonti e argomenti puramente storici».
Il testo che abbiamo sottomano è scritto da Luca, evangelista e “storico”, appunto come ci dice nell’introduzione alla sua opera (la sua tesi di laurea), «ha fatto ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi», ne ha scritto poi «un resoconto ordinato» per il suo illustre amico Teòfilo, in modo che egli potesse «rendersi conto della solidità degli insegnamenti che aveva ricevuto». Il primo indizio è “una pietra rimossa”, “non rotolata” lungo il suo asse. Si deduce che qualcuno l’ha spostata, con una forza straordinaria. E ciò che vedono le donne, al mattino presto, quando giungono al sepolcro di Gesù con gli oli aromatici. Se avevano tra le mani gli olii vuol dire che si aspettavano di trovare il corpo di Gesù, qualora fossero riuscite ad entrare nel luogo, dove lo avevano posto precedentemente, dopo la crocifissione. Dunque, non avevano assolutamente contemplato l’idea che Gesù potesse essere risorto. Infatti, come furono entrate nel sepolcro e non trovarono più il suo corpo pensarono «che senso avesse tutto questo», tanto erano rimaste incerte e sbigottite per l’accaduto. Si posero delle domande e tante ipotesi affollarono le loro menti. Una di queste, forse la più plausibile, poteva essere questa: qualcuno aveva forse trafugato il corpo? Chi poteva essere stato? Di certo, non un ebreo: la legge di purità, infatti, impediva agli ebrei di toccare un morto. E allora chi era stato? Perché aveva fatto questo? Questo Gesù dà fastidio anche da morto? Ma non dava, forse, più fastidio un sepolcro vuoto? Ed è a questo punto, con quest’esito, che i conti tornano. Non potrebbe essere venuta in mente alle donne, in quell’istante, la parola di Gesù «dopo tre giorni risorgerò»? Non potrebbe essere balenata nella loro testa l’ipotesi che questa misteriosa risurrezione potesse essersi veramente realizzata? Certo, a questo punto come riferisce il testo entrano in scena due uomini “in abiti sfolgoranti”, dentro al sepolcro; le donne, infatti, si erano recate qui al “mattino presto”, al sorgere della luce, che si rifletteva proprio su quelle vesti. Il testo non parla di angeli, ma comunque c’è qualcuno, o qualcosa di altro rispetto a te, che mette in moto il tuo cervello e ti fa ricostruire, rimettere insieme tutti i pezzi della storia. Infatti Luca afferma che Maria Maddalena, Giovanna e Maria madre di Giacomo e anche le altre erano “perplesse per questa cosa”, ossia non sapevano darsi ragione dell’accaduto.
“L’accaduto”, quindi, non era solo il sepolcro vuoto, ma questo fatto rimbalzava su tutta la vicenda di Gesù, a partire dall’inizio – dalla Galilea – una vicenda che ora riacquista un senso nuovo. Loro che erano state con Gesù fin dal principio riescono a fare l’esegesi della storia di Gesù e non sono più perplesse, perché si ricordano delle sue parole; quindi, alla luce dei loro ricordi, giungono alla certezza che “lui è vivo, è risorto, come aveva detto”. Quel “ed esse si ricordarono” è il culmine di tutta la loro esperienza di Cristo. Credono, non perché lo vedono, ma per quello che Lui aveva detto: alla sua Parola. E che cosa fanno? «Annunciano! Evangelizzano. La conseguenza diretta della fede nella resurrezione è la missione: Gesù è risorto, andate!» (J. Ratzinger). I primi che hanno bisogno di essere evangelizzati sono gli undici. Sono proprio loro, che avevano il compito di portare a tutti il messaggio di Gesù, a dover essere “confermati” nella fede dalle donne. Queste raccontano agli apostoli, come sia nata la fede in loro, in questo modo educano alla fede gli apostoli, come se fossero le loro catechiste. Alle loro parole questi ultimi rimangono non solo perplessi, ma sufficientemente certi che si tratti di vaneggiamenti. Colpisce la reazione di Pietro, che se da una parte è certo almeno al 99,99% dell’assurdità del racconto delle donne, dall’altra gli è venuta, come si dice, la pulce nell’orecchio. Meglio andare a verificare! Vuole delle prove? Vuole vedere lui stesso la scena del crimine? Compirà tre gesti: alzarsi (anastas), correre, chinarsi. Pietro sialza, come se anche lui risorgesse dalla propria chiusura mentale: la pietra che blocca la sua mente si sta ribaltando, grazie alle parole delle donne. Corre: c’è una fretta di andare a vedere, se quanto viene raccontato, può essere vero.
Ma per vedere bene bisogna chinarsi, bisogna scendere dalle proprie certezze, dai propri preconcetti. Per avere questa fede ci vuole umiltà. Ultimo atto: quando entra nel sepolcro vuoto, Pietro che cosa vede? Vede i teli, quei teli che avvolgevano il corpo di Gesù: sono lì, per terra. Perché le donne non avevano fatto caso ai teli? Esse cercavano il corpo e videro solo la sua “assenza”: il vuoto. Pietro, invece, cerca degli indizi e vide ciò che tutti potevano vedere: “i teli soltanto”. Torna a casa pieno di stupore. Cosa è successo in lui? Pietro si sente pervaso dalla meraviglia (thaumazon): il verbo greco rimanda alla parola “taumaturgo”, operatore di meraviglie. Pietro nuovamente si trova davanti alle meraviglie di Dio, sta rivivendo quello stupore che tante volte l’aveva colpito stando davanti a Gesù e si chiede nuovamente: “ma chi è costui?”.
Insomma: dagli indizi raccolti siamo riusciti ad arrivare alla fine del “giallo”. Che cosa realmente è accaduto il primo giorno dopo il sabato? Se quel giorno fossimo andati anche noi al sepolcro, avremmo visto ciò che è stato visto dalle donne e da Pietro: la pietra ribaltata, l’assenza del corpo e i teli soltanto. E la nostra reazione quale sarebbe stata? Proviamo a lasciar risuonare in noi questa domanda, consapevoli che ieri come oggi l’evangelista Luca racconta per tutti “il più grande spettacolo dopo il big-bang”: «perché cercate tra i morti colui che vive? E’ risorto, come aveva detto».
(DON UMBERTO COCCONI)
Da questa sera in vigore l'ora legale 2013. Ricordiamo di spostare in avanti le lancette di un'ora.
(Testo blu in italiano)
Ricordiamo questa sera di mettere avanti le lancette dell’orologio
di un ora. L’ora legale 2013 in vigore da domenica 30 marzo a domenica 27 ottobre, quando le lancette
dell’orologio le dovremo portare un’ora indietro.
(Testo giallo dialetto parmigiano)
Arcordèmma sta sira äd mèttor avanti il lancètti äd l’arlój äd n'ora.
L’ora legäla 2013 in vigor da domenica 30 märs a domenica 27 otòbbor, cuand il lancètti äd l’arlój j à dovrèmma portär n’ora indrè(Tgnèmmos vìsst)
E.M.
venerdì 29 marzo 2013
Addio a Enzo Jannacci, parmigiano di adozione, passava le vacanze nella sua casa a Bosco di Corniglio
(Testo blu in italiano)
E’ morto oggi Enzo Jannacci. Era nato a Milano il 3 giugno
1935. Era considerato parmigiano di adozione perché nel periodo estivo chi
aveva l’occasione di passare da Bosco di Corniglio si poteva imbattere in Jannacci
in braghette corte mentre andava a fare spesa dal negozio di alimentari di Baratta nel centro di Bosco , lo vedevi
con le sue borsine di plastica a piedi nel tragitto che portava da casa al
negozio. Se ne va un pezzo di storia della nostra musica degli anni 60/70.
(Testo giallo dialetto parmigiano)
Adio a Enzo Jannacci, pramzàn d’ adosjón, al pasäva il vacansi
in-t-la so ca’ a Bosch äd CornìL’é mort incó Enzo Jannacci. L’Era nasu a Milan al 3 zùggn 1935. L’éra considerè un pramzàn d adosjón parché in-t-al period estiv chi pasäva da Bosch äd Cornigi al podäva inconträr Jannacci in braghètti curti intant ch’l’ andäva a fär la spéz a in-t-la botéga d’ alimentär äd Baratta in-t-al céntor äd Bosch , a t’al vdäv con la so borsén’na äd plastica a pè in-t-al tragit ch’ al portäva da ca’ sòvva ala botéga. A s’ nin va un toch äd stòrja ädla nostra muzica ädj ani 60/70.
(Tgnèmmos vìsst)
E.M.
giovedì 28 marzo 2013
Pasqua al Castello dei Burattini con la compagnia "I Burattini dei Ferrari"
(Foto di Enrico Maletti)
La Compagnia I Burattini deiFerrari
è lieta di invitarVi
al Museo Giordano Ferrari - il castello dei burattini
al Museo Giordano Ferrari - il castello dei burattini
" LA FAVOLA DELLE TESTE DI LEGNO”
Storia dell'animazione dalle origini ad oggi in forma teatrale
durata 50 minuti
Vi attendiamo
Daniela & Giordano Ferrari
mercoledì 27 marzo 2013
Le sette ultime parole del nostro Redentore in Croce. Ridotto del Teatro Regio di Parma, introduzione all’ascolto ore 19.00 - concerto ore 20,30. ingresso libero.
Le sette ultime parole del nostro Redentore in Croce
Il capolavoro sacro di Haydn presentato e interpretato
al pianoforte da Martino Faggiani con la voce recitante di don Matteo Visioli
Ridotto del Teatro Regio di Parma
mercoledì 27 marzo 2013
introduzione all’ascolto ore 19.00 - concerto ore 20.30
ingresso libero
Musica instrumentale sopra
le sette ultime parole del nostro Redentore in croce
ossiano sette Sonate con un’introduzione ed al fine un terremoto
Musica Franz Joseph Haydn
Pianoforte MARTINO FAGGIANI
Voce recitante DON MATTEO VISIOLI
Introduzione in re minore (Maestoso ed Adagio)
Sonata I in si bemolle maggiore - Largo
«Pater, dimitte illis, quia nesciunt, quid faciunt»
(Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno)
Sonata II in do minore - Grave e cantabile
«Hodie mecum eris in Paradiso»
(Oggi sarai con me in Paradiso)
Sonata III in mi maggiore - Grave
«Mulier, ecce filius tuus»
(Donna, ecco tuo figlio)
Sonata IV in fa minore - Largo
«Deus meus, Deus meus, utquid dereliquisti me?»
(Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?)
Sonata V in la maggiore - Adagio
«Sitio»
(Ho sete)
Sonata VI in sol minore - Lento
«Consummatum est»
(Tutto è compiuto)
Sonata VII in mi bemolle maggiore - Largo
«In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum»
(Nelle tue mani, Signore, consegno il mio spirito)
Terremoto in do minore - Presto e con tutta la forza
Concerto realizzato in collaborazione con la Diocesi di Parma
.
La disperazione di mamma pecora che perde il proprio agnello nella poesia in dialetto parmigiano e italiano (Pascua) Pasqua di Luigi Vicini.
Luigi Vicini poeta dialettale parmigiano (1918 2001) ha scritto la poesia (Pascua) Pasqua. Il poeta racconta la disperazione di una mamma pecora per la perdita del proprio agnello per le feste Pasquali. Il testo è in dialetto parmigiano e italiano. La poesia è tratta dal libro "La prima viola" edito dalla casa editrice Battei.
(Testo
giallo dialetto parmigiano)
Pascua (Pasqua)
Tutt il pianti la so frasca;
tutt il sézi un scosäl nóv.
Tutt il ciòsi un ciopètt d’ov,
tutt i di la so burasca.
La campana incó la canta!...
A fa fésta anca j ozlén…
In-t-il cézi a gh’è i putén
Ch’a va in sérca d’acua santa.
Tutt a rìdda, in téra e in cél!
Mo ‘na pégra intant la ciama…
L’ é dispräda povra mama;
l’é restäda sénsa agnél !
tutt il sézi un scosäl nóv.
Tutt il ciòsi un ciopètt d’ov,
tutt i di la so burasca.
La campana incó la canta!...
A fa fésta anca j ozlén…
In-t-il cézi a gh’è i putén
Ch’a va in sérca d’acua santa.
Tutt a rìdda, in téra e in cél!
Mo ‘na pégra intant la ciama…
L’ é dispräda povra mama;
l’é restäda sénsa agnél !
LUIGI VICINI
(Testo blu in italiano)
Pasqua
Tutte le piante i loro frondosi rami:
tutte le siepi un nuovo grembiule.
Tutte le chiocce un mucchietto d’uova,
tutti i giorni la sua burrasca.
La campagna oggi canta!...
Fanno festa anche gli uccellini…
Nelle chiese ci sono i bimbi
Che vanno in cerca d’acqua santa.
Tutto ride in terra e in cielo!
Ma una pecora intanto chiama…
E’ disperata, povera mamma,
è rimasta senza agnello!
tutte le siepi un nuovo grembiule.
Tutte le chiocce un mucchietto d’uova,
tutti i giorni la sua burrasca.
La campagna oggi canta!...
Fanno festa anche gli uccellini…
Nelle chiese ci sono i bimbi
Che vanno in cerca d’acqua santa.
Tutto ride in terra e in cielo!
Ma una pecora intanto chiama…
E’ disperata, povera mamma,
è rimasta senza agnello!
lunedì 25 marzo 2013
Il libro di Gualerzi e Rinaldi “SUPER SALUTE” presentato a l’ACADEMIA BARILLA. Diventare leader della propria salute.
(Foto di Cristina Cabassa)
(Clicca slle foto per ingrandirle)
(Testo blu in italiano)
Il Cardiologo Massimo Gualerzi e il capo-redattore della
Gazzetta di Parma Claudio Rinaldi, hanno presentato all’auditorium dell’ACADEMIA
BARILLA il libro “SUPER SALUTE”, come
diventare leader della propria salute.
(Testo giallo dialetto parmigiano)
AL lìbor äd Gualerzi e Rinaldi “SUPER SALUTE” prezenè a l’ACADEMIA BARILLA. Divintär leader ädla
pròprja salute.
Al Cardiòlogh Massimo
Gualerzi e al cap-redatór ädla Gazètta äd Pärma Claudio Rinäldi, j àn prezentè a l’auditorium äd l’ACADEMIA BARILLA al lìbbor “SUPER SALUTE”, cme dvintär leader ädla
pròprja salute.à prezentè al dopmezdì Gabriele Balestràs giornalìssta ädla Gazètta äd Pärma. L’auditorium l’éra pjén murè äd pramzàn
(Tgnèmmos vìsst)
E.M.
(Nelle foto: 1) la copertina del libro, 2) la cucina dell' "Academia" Barilla, 3) Claudio Rinaldi e Massimo Gualerzi durante la presentazione del loro libro, 4) Gabriele Balestrazzi, moderatore del pomeriggio con Claudio Rinaldi, 5) il direttore dell' "Academia" Gianluigi Zenti che ha fatto gli onori di casa, 6) una delle pagine del libro.)
domenica 24 marzo 2013
Il Vangelo della domenica. Commento di don Umberto Cocconi.
Pubblicato da Don Umberto Cocconi il giorno domenica 24 marzo
2013 alle ore 15,35
Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell'aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c'era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L'altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? 41Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso». Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò. Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: «Veramente quest'uomo era giusto». Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto. Tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo (dal vangelo secondo Luca).
Sul palcoscenico della storia, davanti agli occhi di tutti gli uomini di ogni tempo e luogo, ancora una volta, Dio dà “spettacolo”, si mostra in tutta la sua nudità al mondo. Nel corpo del crocifisso Dio rivela la sua gloria. Luca per raccontare la passione di Gesù usa proprio il termine “spettacolo”, in greco “theorìa”, che prima di diventare la “teoria” filosofica, indica proprio l’atto del guardare e lo spettacolo guardato-osservato. “Spectaculum”, spettacolo, è una parola che ha la stessa radice del verbo latino “spicio” e quindi del suo participio “spectum”, osservo, guardo: dunque, “spettacolo” è tutto ciò che attrae lo sguardo, la vista, l’attenzione. Proprio i verbi del vedere, del guardare e dell’osservare sono i più usati in questo racconto: «Il popolo stava a vedere ... Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio ... la folla che era convenuta a vedere lo spettacolo ...Tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo». Chi vede la crocifissione di Gesù può solo in un primo momento “stare a vedere”, non prendere posizione, essere semplicemente uno spettatore passivo. Lo stesso evangelista Giovanni dirà: «guarderanno a colui che è stato trafitto». Presto o tardi tutti sono chiamati ad entrare in scena, a prendere posizione di fronte all’uomo crocifisso, il quale, pur dicendo solo sette parole, interpella, esige una reazione, vuole interloquire con ogni spettatore. Ciascuno è chiamato, di fronte “all’uomo dei dolori”, a scoprire la verità di se stesso, a togliersi la maschera. Così ci sono i capi del suo popolo che lo deridono, che in tutto quello che hanno davanti agli occhi vedono uno spettacolo comico: è un Dio da burla. Così il cattivo ladrone vede in lui il finale tragico della propria stessa esistenza sulla terra. Il buon ladrone scopre, al contrario, guardando il crocifisso, la miseria della propria vita: “Se io sono qui è perché ho sbagliato, tutta la mia vita è stata vanità, un inseguire il vento, ma Lui non ha fatto nulla di ‘fuori luogo’. Ma perché è qui sulla croce? E’ qui per me, per salvarmi”.
Il buon ladrone «dimostra di possedere una sua sana teologia del timor di Dio, in base alla quale innocenza e colpevolezza, nonostante le terribili confusioni degli uomini e dei loro tribunali, fanno la differenza, per cui comunque una retribuzione diversa pende sul capo di chi fa il bene o il male. Timor di Dio altro non è che rispetto delle autentiche differenze» (Roberto Vignolo). L’evangelista Luca non ci aveva raccontato la parabola della pecorella smarrita, anzi, della pecora che il pastore aveva perduto? Per questo egli lascia le novantanove pecore nel deserto e si mette a cercare la sua pecora, finché non la ritrova. C’è un pastore che ti viene a cercare dove sei, nella solitudine della morte, nel luogo della perdizione, nel luogo della condanna: sulla croce. Il centurione vedendolo spirare in quel modo dirà: “veramente quest’uomo è giusto”, capace di una giustizia diversa da quella degli uomini che condannano. Lui, un non credente, sa contemplare nel volto del crocifisso la gloria di Dio, la giustizia di Dio che perdona il peccatore. Così, quando sullo schermo compare il fatidico “the end”, dopo tanti giochi di colori, tra chiaroscuri di luna e sole che si sovrappongono, nel rosso che imporpora questo corpo bianco, si odono fragori di veli che si squarciano e la battuta finale di Cristo su cui cala il sipario della ri-velazione: tutto si oscura nel mistero della notte del venerdì Santo. La folla, ora, non sta più a vedere, ma è venuta a vedere: è stata convocata, radunata, ha risposto a un invito. E’ Chiesa, ecclesia, popolo radunato dalla voce di un Padre che chiama, dal paese della schiavitù, alla libertà della nuova alleanza. Non sta più a vedere, ma ripensa a quanto era accaduto. Si battono il petto, come a voler rimodellare la propria stessa umanità, perché il cuore, nella Bibbia, dice l’uomo stesso, dice la totalità del suo essere. Ormai questi uomini e queste donne non saranno più gli stessi.
Questi spettatori sono destinati a interpretare una parte da protagonisti sul palcoscenico della storia. Saranno i testimoni oculari del più grande spettacolo di sempre (più del big-bang!): sono destinati ad annunciare al mondo quello che hanno udito e veduto. Hanno un copione da recitare: il vangelo! Dovranno con i loro gesti e le loro parole far rivivere queste scene in modo vivido per chi non ha visto, al punto che in ognuno di loro chi sarà evangelizzato dovrà vedere un altro Cristo, lo stesso Cristo. La Passione di Gesù Cristo è uno spettacolo che non annoia mai, che anzi ti rende attore principale nella storia. Ti chiama a raccontare con la tua vita quello che hai udito e quello che hai veduto, ossia la parola della vita fatta carne, debolezza, fragilità, fatta uomo in croce. Ma c’è anche chi sta a guardare da lontano. Paradossalmente, chi non sta in prima fila, chi per ora non interpreta nessuna parte e sembra volersi tirare fuori dallo spettacolo; essi sono quelli che non si son persi l’inizio. Quelli che lo conoscevano, quelli che avevano visto tutte le altre scene e non solo l’atto finale della vicenda “Gesù di Nazaret”, stanno lontani dal palcoscenico, eppure saranno loro i testimoni oculari del seguito: la Risurrezione. Questo significa che lo spettacolo è talmente coinvolgente che non puoi tirartene fuori, neanche se ti sforzi di farlo. Prima o poi sarai dentro la storia: «quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me». Anche tu che sei stato lontano dal calvario vorrai avvicinarti – come attirato da una forza misteriosa e magnetica (l’amore) – all’orto della risurrezione e partire da lì per andare a raccontare tutto quello che hai visto e di cui sei stato testimone fin dal principio.
(DON UMBERTO COCCONI)
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