"Al Condominni" poesia brillante in dialetto parmigiano di Bruno Pedraneschi,letta da Enrico Maletti

Estratto di un minuto del doppiaggio in dialetto parmigiano, realizzato nell'estate del 1996, tratto dal film "Ombre rosse" (1939) di John Ford. La voce di Ringo (John Wayne) è di Enrico Maletti


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domenica 21 aprile 2013

Il Vangelo della domenica. "Torniamo a respirare l'odore degli altri". Commento di don Umberto Cocconi.









Pubblicato da Don Umberto Cocconi   il giorno sabato 20 aprile
2013 alle ore  19,51


Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola» (dal vangelo secondo Giovanni)
 
Cominciamo dal bellissimo messaggio di papa Francesco: «Siate pastori con l’odore delle vostre pecore  … che si senta quello». Poche parole che racchiudono un’intuizione straordinaria, un’immagine che va dritta al cuore. Se c’è una cosa che puzza è proprio l’odore di pecora. E noi dovremmo “puzzare di pecora” o meglio “odorare di pecora”? Ebbene, sì! Ywan nu wé è l’espressione idiomatica africana in lingua fon, che significa “Accetto il tuo odore”, quindi “ti voglio bene”. Il legame che ci dovrebbe unire gli uni agli altri è dato anche dall’odore. Dimmi “di cosa sai” e ti dirò non solo chi sei, ma anche chi frequenti. Se le pecore puzzano, sono disposti anche i loro pastori a puzzare? Sono disposti altresì i pastori della Chiesa a lasciarsi “imbrattare” dall’odore del mondo, lasciando però anche scorrere su di sé l’olio profumato che scende a profusione dal cuore di Dio, dal suo Cristo, perché raggiunga, inondi, guarisca le sue pecore? Il buon prete – stando a papa Francesco – si riconosce da come ha unto il suo popolo. Infatti, «quando la nostra gente viene unta con olio di gioia lo si nota: per esempio, quando esce dalla Messa con il volto di chi ha ricevuto una buona notizia. La nostra gente gradisce il Vangelo quando, ciò che predichiamo giunge alla sua vita quotidiana, quando scende come l'olio di Aronne fino ai bordi della realtà, anche quando, la Parola di Dio, illumina le situazioni limite, 'le periferie' dove il popolo fedele è più esposto ai pericoli che “saccheggiano” la sua fede.
 
La gente ci ringrazia perché sente che abbiamo pregato con lei, per le realtà della vita di ogni giorno. E quando sente che il profumo dell'Unto di Cristo, giunge attraverso di noi, è incoraggiata ad affidarci tutto quello che desidera possa arrivare al Signore». Questo del “profumare” è un invito rivolto a tutti: non solo ai preti, ma anche ai politici. Direi, inoltre, che vale anche per gli avvocati, per i medici, gli insegnanti, i professori universitari e in generale per tutti coloro che possono vantare una posizione di privilegio o di potere, per piccola o grande che sia. E’ l’odore degli altri che dobbiamo tornare a respirare, per poterci mettere in contatto con la loro epidermide per sforzarci di guardare il mondo anche attraverso lo sguardo degli altri, per sentirlo attraverso le loro aspirazioni e le loro ansie. Così dicono i francesi: “L’amour c’est une question de peau” – l’amore è una questione di pelle. Senza questo atteggiamento le parole rimangono vuote e senza eco e noi non abbiamo vera credibilità, per cui i nostri sforzi risultano velleitari. Insomma “prendere” l’odore delle pecore non è scegliere di contaminarsi o compromettersi con  “il puzzo del mondo”, ma la capacità di vivere realmente, fino in fondo, la prossimità con l’altro. E ancora: com’è bello, come dà gioia sapere di essere nelle mani di qualcuno! Siamo nella mani di Gesù, nelle mani del Padre e nulla ci potrà mai separare dal loro amore, nulla ci lascerà cadere fuori dalle palme delle loro mani, che ci sorreggono e ci riscaldano.
 
Ci sono mani non solo umane, ma divine che ti custodiscono, ti proteggono, ti difendono, mani che si prendono cura di te, perché tu, come ogni creatura umana, sei un essere speciale. La creazione è avvenuta, ci racconta la Bibbia, attraverso la Parola, mentre l’essere umano è stato creato dalle mani di Dio, che si sono sporcate di terra, la quale a sua volta si è “sporcata”, impregnata di Dio, inebriandosi del profumo di Lui. Se la potenza della Parola di Dio fa la bellezza della creazione, è altrettanto vero che sono le mani di Dio a sporcarsi per fare l’uomo e la donna. Nella vita di tutti i giorni ci sono ancora altre mani che incontriamo, che si prendono cura di noi, tanto da “farci sentire” persone. Se pensiamo agli errori che facciamo, che mettono in difficoltà chi ci circonda, scopriamo, il più delle volte, che ci sono  altre mani che lavorano proprio per rimettere a posto i cocci che noi seminiamo tutt’intorno. Quante mani ci toccano, ci smuovono, ci trasformano! Le mani delle persone che ti amano sono capaci di modellarti al punto da far uscire tutta la bellezza che è in te, tutto il tuo splendore. «Sono mani che lavorano il nostro corpo e la nostra anima, le nostre idee e la nostra sensibilità, i nostri comportamenti e i nostri sentimenti: l’argilla della nostra umanità» (Comunità di Sant’Eusebio). Che strano…  abbiamo le mani e talvolta non le mettiamo a disposizione di Dio. Siamo in contatto con numerose mani che ci stanno attorno, ma non le sappiamo valorizzare e nemmeno ringraziare per quello che producono in noi.
 
E’ bello immaginare il mondo come l’incrociarsi di mani umane e di mani divine, tutte insieme nell’atto di plasmare lo straordinario disegno di Dio sulla nostra persona. Nel libro della Genesi  è Dio stesso che opera meraviglie, ma ci vogliono mani umane per proseguire l’opera della “ri-creazione”, perché di una nuova creazione si tratta, quando si torna a vivere dopo gli errori fatti. E’ bello sapere che le nostre mani operano insieme a tante altre, che costruiscono, che ripuliscono, che amano, che lavorano, che portano il bene nei gesti che compiono. Quando tu offri la tua mano a Dio egli difficilmente abbandona la presa. Madre Teresa si considerava un semplice strumento nelle mani del Signore, ovvero, per usare una sua nota espressione, “sono una matita nelle sue mani”. Il merito non è mai della matita, bensì di chi scrive: in questo caso, Dio stesso. Da questa profonda convinzione scaturiva la sua illimitata fiducia, la tenace speranza che riponeva non in sé, nelle sue forze, ma nella grazia divina. «Io non penso di avere delle qualità speciali, non pretendo niente per il lavoro che svolgo. E’ opera Sua. Sono come una piccola matita nelle Sue mani, nient’altro. È Lui che pensa. È Lui che scrive. La matita non ha nulla a che fare con tutto questo. La matita deve solo poter essere usata» e chi accetta di lasciarsi “usare” non solo  “odora” del popolo di Dio, ma profuma di Cristo!
(DON UMBERTO COCCONI)
 

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