"Al Condominni" poesia brillante in dialetto parmigiano di Bruno Pedraneschi,letta da Enrico Maletti

Estratto di un minuto del doppiaggio in dialetto parmigiano, realizzato nell'estate del 1996, tratto dal film "Ombre rosse" (1939) di John Ford. La voce di Ringo (John Wayne) è di Enrico Maletti


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domenica 5 maggio 2013

Il Vangelo della domenica. Gesù Cristo: la forza della parola. Commento di don Umberto Cocconi.





Pubblicato da Don Umberto Cocconi   il giorno domenica 5 maggio
2013 alle ore  7,21


Gesù disse ai suoi discepoli: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate» (dal Vangelo secondo Giovanni).                                                                                                                                              
 
«La Parola zittì chiacchiere mie» (Clemente Rebora). Essere abitati da nessuna parola autentica, da alcuna parola di un altro, non è forse questa la solitudine? Vivere circondati solo dai propri bla bla: ecco un vivere prigionieri dei propri soliloqui. Solitudine è assenza di presenza, di compagnia. Ci confida il profeta Geremia: «Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore, perché io portavo il tuo nome, Signore, Dio degli eserciti». Non abbiamo forse anche noi fame di parole, di parole vere? Non sono esse quelle che ci nutrono in profondità e ci fanno esistere come persone? In una sua canzone, Laura Pausini, così parla della solitudine: «Marco se n'è andato e non ritorna più. Il treno delle 7:30 senza lui. È un cuore di metallo senza l'anima, nel freddo del mattino grigio di città, questo silenzio dentro me». Un cuore di metallo che non accoglie più parole diventa un cuore senz’anima, è solo materia. Come in risposta Jovanotti canta: «Io lo so che non sono solo: anche quando sono solo, io lo so che non sono solo»; “non sono solo” proprio perché si sento amato da Qualcun altro, che profuma in lui, che gli ricorda il suo amore, nonostante la tua assenza. Amare è custodire il dono della presenza dell’altro e la presenza dell’altro è data dalle sue parole: è in quelle parole che lui esiste. Le parole sono la manifestazione di noi stessi. Accogliere la parola dell’altro significa accogliere in noi la sua presenza. Nelle parole che doni ci sei tu, ed esse non cadono nel vento, ma vengono accolte e custodite come un dono prezioso, come un profumo di gratitudine. Come afferma il filosofo Gorgia, «la parola è una potente signora che pur dotata di un corpo piccolissimo e invisibile compie le opere più divine» in te. La parola accolta è la parola che non solo ti riempie di gioia, ma ti fa esistere, ti chiama alla vita, ti toglie dalla solitudine e ti rende fecondo.
 
Figuriamoci l’effetto che compie la parola di Gesù se viene accolta nella nostra vita. Infatti, accogliere la parola di Gesù significa sentirsi amati dal Padre. Se accogli veramente in te la Sua parola, il Padre ti bacia. Tu accogli Lui, il dono di Dio, e Dio è contento: divieni la sua gioia, proprio perché, in te, il suo dono non è stato vano. Il primo effetto di questo tipo di accoglienza è proprio il sentirsi amati dal Padre, come figli prediletti. Proprio perché hai accolto il Figlio unigenito che è nel seno del Padre, anche tu sei dentro questa storia d’amore, che ora nasce in te. Ma non è tutto, e qui sta la meraviglia: accogliendo la parola di Gesù, sei abitato da quella parola che ha creato i cieli e la terra. Quella parola che disse ... “sia la luce e la luce fu” ora è dentro di te, vive in te. Sei diventato la casa di Dio e, se il mondo è la casa di Dio, ora nella tua umanità abita Dio e perciò tu sei dimora della Trinità. Tu diventi la casa di Dio, il luogo dove alberga Dio: questo sei tu, altro che “hotel a cinque stelle”! Il segno che Dio dimora in te è dato dalla pace che senti dentro: dono pasquale di Gesù all’umanità. Quando accogli Dio in te sei al riparo da ogni turbamento e non hai più paura. “Nada te turbe, nada te espante...”: niente ti turbi, niente ti spaventi, chi ha Dio non manca di nulla: solo Dio basta (Teresa D’Avila).    
Nel film “Viaggio sola” si racconta di una donna sempre in viaggio tra grandi città e capitali del mondo: Parigi, Marrakech, Berlino. Sosta negli hotel extralusso a fare “l’ospite a sorpresa”, l’ispettore in incognito: finge di essere una cliente per ispezionare e verificare il rispetto degli standard di qualità nei vari alberghi a cinque stelle, dove la cortesia è il requisito essenziale. E’ un compito che inizia quando mette i piedi a terra, sul pavimento che si spera sia tirato a lucido, come dev’essere nei migliori hotel del mondo.
 
Dove “l’ispettrice” è davvero attesa, spesso invano, è invece a casa della sorella Silvia, che ha un marito, due bimbe e il pensiero costante e assillante di vederla sistemata e non più “sola”. Arriva il momento in cui, volenti o nolenti, si devono tirare le somme, non perché lo si decide, ma perché semplicemente accadono eventi inattesi, che potrebbero aprire la vita a un nuovo inizio. Lo ha detto anche Dante: “nel mezzo del cammin di nostra vita” siamo chiamati a fare il punto del nostro progetto di vita, dobbiamo “atterrare” e prendere coscienza dell’importanza di avere dei legami. La regista Maria Sole Tognazzi porta la protagonista (e con lei anche lo spettatore) a tornare coi piedi per terra, «inquadrandola in un momento particolare nel quale la leggerezza con cui conduce il suo tran tran sembra almeno in parte incrinarsi» (Lisa Oppici). Arriva il momento in cui  anche tu potresti fermarti, guardare la tua vita e scoprire che forse questa libertà senza legami ti va improvvisamente stretta e ciò ti pesa alquanto. Nascono così dei dubbi: è una libertà in prima persona, al singolare, quella che vivi o piuttosto una solitudine forzata? Possono bastare “amicizie liquide” per farci felici? Davvero i legami anche familiari sono spesso una prigione? Oppure “la casa” è davvero il luogo dove ti senti amato e custodito? Forse si è chiamati a nuove forme di prossimità, ad essere abitati, non solo di passaggio, dalla vita degli altri e dalle loro parole. E’ interessante la voce fuori campo, che invita l’ospite che ha soggiornato nell’albergo a rispondere al seguente quesito: «Adesso che state per lasciare l’ambiente in cui avete soggiornato, prendete qualche secondo per ragionare su questa esperienza. E’ stata all’altezza delle vostre aspettative? La consigliereste a qualcuno anche se in certi momenti vi siete sentiti scomodi o addirittura soli? ... Fidatevi del vostro istinto. Questo viaggio è vostro. Sta a voi scegliere come farlo». E’ il viaggio della vita, a scegliere noi e a farci decidere se stare da soli o in compagnia? Oppure questa decisione sei proprio tu a prenderla, tu, “hotel a cinque stelle”, che non fai “riposare” nessuno accanto a te?
(DON UMBERTO COCCONI)
 

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