"Al Condominni" poesia brillante in dialetto parmigiano di Bruno Pedraneschi,letta da Enrico Maletti

Estratto di un minuto del doppiaggio in dialetto parmigiano, realizzato nell'estate del 1996, tratto dal film "Ombre rosse" (1939) di John Ford. La voce di Ringo (John Wayne) è di Enrico Maletti


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“Parmaindialetto” è nato il 31 luglio del 2004. Quest’anno compie 16 anni

“Parmaindialetto” l’é nasù al 31 lùjj dal 2004. St’an’ al compìssa 16 an’

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L’ UNICA SEDE DI “Parmaindialetto” SI TROVA A PARMA ED E' STATO IDEATO DALLA FAMIGLIA MALETTI DI “PÄRMA”.







sabato 28 marzo 2015

IL VANGELO DELLA DOMENICA: COMMENTO DI DON UMBERTO COCCONI




IL VANGELO DI DOMENICA 29 MARZO 2015
Ci troviamo di fronte alla pagina più sconcertante del Vangelo, un momento che segna profondamente la vita dei discepoli di Gesù, sconvolti e disorientati al punto da abbandonare scandalizzati il loro maestro. Ma che cosa è avvenuto in quella terribile notte? Anche l’autore della Lettera agli Ebrei fa riferimento alle “forti grida e lacrime” di Gesù, che Alda Merini, grande voce poetica dei nostri giorni, riassume così, facendo parlare Gesù in prima persona: «piansi nell’orto del Getsemani tutta la passione della mia carne. Piansi lacrime e sangue sul genere umano». Dopo aver concluso la sua ultima cena con gli amici e discepoli, Gesù prende con sé i tre più cari, Pietro, Giacomo e Giovanni e insieme a loro si recano in un podere chiamato Getsemani, che significa “torchio degli oli”. Gesù sa quale straziante torchiatura lo attende: l’evangelista non teme di dirci che Gesù sta già sentendo “paura e angoscia”, mentre confessa ai discepoli e amici: “La mia anima è triste fino alla morte” e li prega di non lasciarlo solo in quel momento terribile. Richiesta vana, perché i tre, attoniti e inconsapevoli del dramma che si sta consumando, non dicono nulla: non una parola, non un commento. Come sempre, non comprendono e si lasciano andare al sonno, abbandonando Gesù allo smarrimento, all’angoscia, a una tristezza che lo opprime. Gesù si sente morire, si prostra a terra, solo, e prega il Padre. Marco ci anticipa il contenuto della preghiera, ma vuole riportare in dettaglio le parole così dirette, il colloquio a tu per tu del figlio desolato con il suo Abbà (papà, più ancora che “padre”). Chi mai si è rivolto a Dio con parole come queste, con questo tono così confidenziale, spaventato e accorato insieme, ma pieno di fiducia?: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu». Scrive Charles Péguy: «Dio stesso ha temuto la morte. Chi non sarebbe colpito, chi non sarebbe spaventato da queste righe, da queste poche parole atroci, da queste parole terrificanti, da questa terrificante preghiera». In questo episodio non è espressa l’onni-potenza di Dio, bensì l’onni-debolezza di Gesù: il Nazareno si sente solo e abbandonato proprio nel momento più tragico della sua esistenza, non ha nemmeno la forza di restare in piedi cade a terra e prega intensamente il suo papà (Abbà). È commovente che «questa confidente tenerezza di Gesù con il Padre, rimanga intatta anche nel momento della prova e del lamento». Péguy collega la preghiera del Getsemani con il Padre Nostro insegnato nel Discorso della Montagna: «Se l’era insegnata a lui stesso, a lui uomo, come a noi; e in quella notte tragica fu quella preghiera che gli risalì alle labbra, la formula stessa di quella preghiera; ma non più nella sua continuità sulla montagna, in quella bella continuità del suo sermone: Pater noster .., ma una preghiera spezzata, rotta, atroce, in quella notte tragica». Il film “The Passion” di Mel Gibson inizia con l'angoscia di Gesù nell'Orto degli Ulivi, angoscia reale, di un uomo vero. In un Getsemani immerso nella nebbia, lo spettatore rivivrà “in diretta” l’agonia di Gesù; anche lui, come i discepoli, sentirà il bisogno di chiudere gli occhi, davanti alla lotta cruenta tra Gesù e satana. Sullo sfondo della notte, la luna con la sua luce pare simboleggiare l’esserci e il non esserci del Padre, mentre le nuvole hanno la consistenza opprimente dei peccati dell’uomo e oscurano pesantemente la luce divina, gettando Gesù nella disperazione, facendolo accasciare al suolo più volte, prima di risollevarsi e schiacciare il serpente, che lo tenta. Di forte impatto il personaggio “androgino” di satana, dall’aspetto femminile, ma con voce maschile: un’ambiguità inquietante, che sembra alludere all'indistinzione mistificante di bene e male. Questo è ciò che fa il male, prendere qualcosa che è buono e travisarlo. Lo stesso Mel Gibson sottolinea: «Credo che il diavolo sia reale, ma non credo si mostri troppo spesso con corna, fumo e coda biforcuta. Il diavolo è più intelligente di così. Il male è fascinoso, attraente. Sembra quasi normale, quasi buono. Ma non del tutto. Questo è quello che ho cercato di fare col diavolo nel film».  Dopo il lungo combattimento, Gesù ha ritrovato la voce, la forza di risollevarsi e di esortare all’azione: «Alzatevi, andiamo!». «Non è più l’uomo angosciato e impietrito dell’inizio, è il Messia che ha ritrovato di nuovo la sua serenità e ha ripreso in mano la situazione. Dicendo “andiamo”, Gesù si inserisce da protagonista fra il disegno di Dio e il tradimento degli uomini. Oltretutto, non dice “vado”, ma “andiamo”, un ultimo tentativo di coinvolgere i discepoli nel suo cammino. Gesù è nel pieno della sua Passione: quanta sofferenza in quel bacio ricevuto dall’apostolo che fino alla fine Gesù chiama “amico”!. «Se Gesù rinuncia alla forza della violenza, è perché vuole mostrare un’altra forza, quella dell’amore. La forza di Dio è la debolezza dell’amore» (Bruno Maggioni). La violenza non risolve mai nulla, perché non fa che riprodurre se stessa, al contrario la nonviolenza di Gesù è la rivelazione, la più alta rivelazione, della logica di Dio. L’amore non-violento di Dio, che nella non-violenza di Gesù si fa trasparenza e fatto storico, scaturisce dall’identità di Dio stesso. Dio è amore e perdono e da qui discende il rifiuto di ogni imposizione, proprio perché Dio è amore, ne deriva che solo l’amore, e non altro, è la forza alternativa e costruttrice, la vera forza che vince. E Gesù vi si abbandona totalmente.
(DON UMBERTO COCCONI)

SAPETE COSA VUOLE DIRE IN DIALETTO PARMIGIANO????????????


(FOTO DI CRISTINA CABASSA)
(CLICCA SULLE FOTO PER INGRANDIRLE)


Sapete cosa vuol dire in dialetto parmigiano la parola "BRÈSSCA". In Italiano la parola "BRÈSSCA ", è il “FAVO DELL'ALVEARE”

Sapete cosa vuol dire in dialetto parmigiano la parola "BACIARÉLL ". In Italiano la parola "BACIARÉLL", è il “MANGANELLO”

Sapete cosa vuol dire in dialetto parmigiano la parola "GHIGNÄDA". In Italiano la parola "GHIGNÄDA", è ”UN COLPO IN FACCIA”

Sapete cosa vuol dire in dialetto parmigiano la parola "FRÄR". In Italiano la parola " FRÄR", è ”IL FABBRO”

Sapete cosa vuol dire in dialetto parmigiano "SÓJ DA BUGÄDA". In Italiano la parola " SÓJ DA BUGÄDA", è ”LA TINOZZA DA BUCATO”


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TORNA L'ORA LEGALE...LANCETTE AVANTI DI UN'ORA


Questa sera torna l'ora legale

Stasira a torna l'ora legäla






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mercoledì 25 marzo 2015

GIORGIO RICCARDI e ENRICO MALETTI due "Colonne" dell'ANSPI provinciale di Parma fotografati da WILLIAM TEDESCHI al carnevale ANSPI 2015 in Cittadella.


(FOTO DI WILLIAM TEDESCHI)
(CLICCA SULLA FOTO PER INGRANDIRLA)


Vedendo questa foto qualcuno mi ha chiesto cos'è l'ANSPI...ANSPI vuole dire Associazione Nazionale San Paolo Italia, fondata nel 1965.È presente in 17 regioni, 72 province e conta oltre 1800 società sportive affiliate nei “Circoli ed Oratori ANSPI” con circa 270.000 associati. A Parma è l'Associazione che da 26 anni organizza il carnevale e corso mascherato della città. I carri vengono costruiti dai ragazzi e dalle famiglie di oratori di Parma e provincia, SOLO VOLONTARIATO, La sfilata di carnevale e del corso mascherato non è sostenuta da NESSUN SPONSOR. Al carnevale è presente una giuria che da il voto ai carri, alle maschere e a tutti i bambini presenti alla sfilata. Il presidente della giuria è da alcuni anni Maurizio Trapelli "Dsèvod" maschera di Parma otre a lui sono presenti in giuria personaggi dello sport dello spettacolo e rappresentanti della Giunta Comunale di Parma. GIORGIO RICCARDI e ENRICO MALETTI fanno parte del Consiglio Provinciale ANSPI da quasi 30 anni...


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martedì 24 marzo 2015

"Il Pagéli di Crozè in djalètt Pramzàn". Pärma Turén 0-2 Testo pubblicato sulla Gazzetta di Parma del 24 marzo 2015.


(Testo in dialetto parmigiano)
Pärma Turén 0-2

Jacobucci séz : có fèmma artornèmma a parlär äd balón ? e cme s’ fà, anca parchè pù che partidi i päron dìll comédi con di copjón béle scrìtt; par tì un pär äd béli parädi mo sul prìmm gol un po’ trop mòl mo có gh' vót fär

Casàn séz : partida orgoljóza, e la giussta manéra äd fär capir a còjj dal Turén äd far mìga trop i siòch sionò i s' sarìsson zgrostè ;

Lucaréli òt : pärs par pärs l’éra ora äd dir in-t-i dént a chi pajas lì còll ch'a gh' vrèva dìtt ! ansì fòrsi fòrsi té gh' n’é dìtt pòch, fort con i moribond, cunì con i potént, e purtrop j’ én còzi ch' as' vèdda tutt i di e dapartùtt mìga in-t-al calcio e basta

Mendez sètt : vè consólot con ch' la ghìggna li e cóll ciùfètt li s’ la t’ và mäl cól balón at' pól andär a fär l’atór a Cinecittà, però sa t' vè avanti acsì second mi at' pól fär bén, n’ ätra scuädra in serja A at' la dovrìss catär

Costa sètt : e fin in fonda cóll ragas chi l'à fat vèddor la serietè e profesjonalitè e po’ cóll ch' am' pjäz äd chilù l’é che dopa trénta second ogni partìda al s’é béle “spieghè” ala so manéra ! tésta cuädra zò al capél

Lila sètt : oh a j’ ò vìsst äd péz che cóll ragas chi ahn ? La sola còza bón’na fata da Taci, anca s’ l'à sarvirà a poch, ansi a njént parchè st’ an' ch’ vén äd chilór oviamént a ’n gh' restarà nisón

Jorquera du : lént, imprecìz, fóra dal zógh, fóra dai schéma, fóra da tutt, béle ch' a sèmma al naufràg' pù totäl po’ a sé gh' mètta chilù ch' l’é pù strajè che Schettino, a sèmma a pòst

Varela sìncov : al fa cme il lévri in-t-il gari d’atletica, i fan tri gir a bàla, po’ i scòpion e i sparìsson ; idem lù, al prìmm cuärt d’ora ai domìlla a l’ora, po’ p'r al rést ädla partìda as' zuga in vón in meno, dzèmma che fin adésa dill còzi reäli gnanca l’ombra

Nocerino cuàtor : do ocazjón ch'a vrèva fat gol, e la sensasión ch’ al gh’ abia al fjè curt un bél po’, dal rést a gh' tòcca cantär e portär la cróza da cuand l’é rivè, mìga facil

Còvva séz : sfighè, l’é andè azvén a sgnär un pär äd volti, un gran impìggn e gran vója äd mèttros in mòsstra; bé con i balord ch' a zuga in serja A, second mi un cualchidón ch' a gh' darà un contrat al la cata e mi a gh' l’àvguri con tutt al cór

Belfodil òt : la pù bèla partìda da cuand l’é artornè a Pärma ( a gh' vrèva pòch a dir la vritè ); al zugadór visst dù an' fa, mo purtrop la fortón’na la n’é mìga còlla äd du an' fa mo l’é la sfiga äd st’ an'

Donadón déz: e Mìsster, al vót l’ al sa béle anca lù parchè a gh’ al dagh, parchè l’à dìtt a chi du pajas là còll ch' à gh' vrèva dìtt, sénsa scont : certo che se tutt i l’avìsson dìtt cuand l'éra ora invéci che fär fénta äd njént fòrsi fòrsi a 'n sarìsson mìga rivè a cóll pónt vargognóz chi : l’ùnnica speransa l’é chi la pägon dabón e che la punisjón la sia ezemplära par còll ch’ j àn fat
AVANTI CROCIATI
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(Testo di Crociato 63)
(Correzione ortografica a cura di Enrico Maletti)

domenica 22 marzo 2015

SAPETE COSA VUOL DIRE IN DIALETTO PARMIGIANO ?????????????


(Foto di Cristina Cabassa)
(Clicca sulla foto per ingrandirla)


Sapete cosa è in dialetto parmigiano al “ZGHIRÀG' o ZGHIRÀT”... in italiano è lo “SCOIATTOLO”

Sapete cosa è in dialetto parmigiano la “SIDÉLA”... in italiano è la “CARRUCOLA”...mentre al “ZUGHÉN” è la “CARRUCOLA da TELAIO”

Sapete cosa vuole dire in dialetto parmigiano “PATÉL o BACANÈRI o CIOCAMÉNT”... in italiano è il “FRACASSO”

Sapete cosa vuole dire in dialetto parmigiano “ÄGOR o ÄGRA”... in italiano vuole dire “ASPRO”

Sapete cosa vuole dire dialetto parmigiano “SCARPONÄR”... in italiano vuole dire “CAMMINARE CON SCARPONI”

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sabato 21 marzo 2015

IL VANGELO DELLA DOMENICA: COMMENTO DI DON UMBERTO COCCONI.


IL VANGELO DI DOMENICA 22 MARZO 2015
Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!». La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire. (Vangelo di Giovanni)

Per la festa di Pasqua sono giunti a Gerusalemme un gruppetto di greci,dunque stranieri che, per certi aspetti somigliavano ai magi: erano cercatori di Dio e si lasciavano interrogare dalla vita e dalle cose.  Giungendo nella città santa, questi, hanno sentito parlare di Gesù e per questo motivo lo volevano assolutamente vedere. Ora, il verbo “vedere” usato qui dall’evangelista Giovanni significa “conoscere intimamente”, entrare in relazione e non soltanto per soddisfare una curiosità momentanea. Se io dovessi farmi conoscere da chi sa poco o nulla di me, che cosa gli mostrerei di me stesso? Di certo i miei titoli di studio, il mio curriculum e la mia attività, tutte cose che rivelerebbero la posizione che ho raggiunto nel mondo, con il mio prestigio e con la mia autorità.  Invece Gesù, sorprendente come sempre, afferma che guardando “un chicco di grano”, ossia guardando la croce, si arriva a scoprire la sua vera identità. Proprio lì, in quel nulla, si rivelerà tutta la sua bellezza. Tutto qui? E’ una cosa a dir poco scandalosa!Quale gloria rivelerà mai un chicco di grano, che all’apparenza è piccolissimo, inerte, statico? Ebbene, la gloria del seme è quella di portare frutto. Se la pellicola che lo isola e lo protegge si rompe, nell’umidità del terreno il chicco si disfa e “muore”, ma proprio in questo modo sprigiona la sua potenza vitale, germogliando e, in tal modo, potrà realizzare il progetto che porta in sé: dar vita a una nuova pianta. 

Se tu perdi la tua vita, tanto da non tenerla per te, ma ne fai dono agli altri, la tua esistenza fruttifica. In te, piccolo uomo, c’è una ricchezza straordinaria di vita: non rinchiuderti in te stesso, ma apriti, per essere fecondo, altrimenti resterai sterile! E’ questa la legge dell’amore: chi ama la propria vita, la perde proprio perché è “autocentrato” solo su di sé; invece, paradossalmente, chi “odia” la propria vita, la conserverà per la vita eterna. Amare, in questo caso, indica attaccamento morboso a sé, ripiegamento su se stessi; odiare, invece, al contrario, significa rischiare, significa ex-sistere – come afferma Victor Frankl – ossia distanziarsi da se stessi e porsi di fronte a sé. «Essere-uomo significa andare al di là di se stessi. L’essenza dell’esistenza si trova nel proprio auto-trascendimento. Essere-uomo vuol dire essere sempre rivolto verso qualcosa o qualcuno, offrirsi e dedicarsi pienamente a un lavoro, a una persona amata, a un amico cui si vuol bene, a Dio che si vuol servire». Se guardo l’uomo, che è stato posto sulla croce, vedo un Dio che dona totalmente la sua vita, che non la tiene per sé, che consegna tutto se stesso al mondo: un Dio che entra nella morte perché ama svisceratamente ogni suo figlio.Davvero, «per sapere chi sia Dio devo solo inginocchiarmi ai piedi della Croce» (Karl Rahner). Nella Deposizione, custodita nel nostro Duomo, l’Antelami presenta la croce di Gesù “con i fiori che stanno per sbocciare” gemmata”: da quella morte ha inizia una primavera nuova. 

Con la croce di Gesù “il principe di questo mondo è gettato fuori”, viene smascherato, così colui che con il suo potere, fondato sulla menzogna,ha preso nelle sue mani tutto e tutti, dominando il mondo, attraverso la paura, il potere e l’egoismo, sarà vinto proprio dalla rivelazione di un Dio ricco di misericordia. La Croce sdemonizza l’immagine di Dio che abbiamo dentro di noi, proprio perché essa giudica il mondo. Qual è infatti il giudizio del “Dio crocifisso” sul mondo? Il giudizio di Dio esorcizza il male. Sulla Croce viene vinta la radice del male, la menzogna che presenta una falsa immagine di Dio e dunque un falso modello di uomo, che credendo di fare il bene compie il male. Questa è la tragedia dell’umanità! Il Dio amante è il Dio solidale col mondo ed è Padre proprio perché prende su di sé il peccato dei suoi figli adottivi. Nel Figlio Unigenito crocifisso, il Padre scende “nelle bassure della terra” per farsi carico, in prima persona, del male del mondo, sconfiggendo in tal modo il principe che lo governa o il “principio” che lo governa. Consegnato alla storia, Dio patisce nella storia insieme alle creature. E non è forse un Dio da amare, Colui che si è offerto a noi fino a questo punto? Siamo davvero troppo stanchi, delusi, infelici per poterlo fare? 
(DON UMBERTO COCCONI)

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22 marzo GIORNATA DEL FAI L'associazione FIAB PARMA Bicinsieme organizza in occasione della giornata del FAI di Primavera una cicloescursione per visitare i luoghi aperti dal FAI a Colorno




22 marzo GIORNATA DEL FAI

L'associazione FIAB PARMA Bicinsieme organizza in occasione della giornata del FAI di Primavera una cicloescursione per visitare i luoghi aperti dal FAI  a Colorno: l’Oratorio della Beata Vergine di Copermio e la Cappella Ducale di San Liborio, Colorno (PR). I partecipanti avranno la priorità nelle visite.

Ritrovo ore 8.45  in Via Bizzozero 15, partenza ore 9.00.
Ritrono entro le 13-13.30
Cartina ParmainBici: 5-6, Km 40, facile. Capogita:  Andrea 3398123784
Le previsioni meteo non sono buone. In caso di pioggia alle 8 la gita è annullata.

Si percorreranno strade basse che costeggiano il  Canale Naviglio nell'andata e la Parma nel ritorno seguendo il tracciato  della ciclovia N16 Tirrenica della Ciclopista del Sole.
Le visite guidate sono a cura degli Apprendisti Ciceroni®: Liceo Tecnico Economico“ Macedonio Melloni” di Parma; Liceo Classico Statale “Gian Domenico Romagnosi” di Parma, Liceo Artistico statale "Paolo Toschi" di Parma
Registrazione: soci FIAB 1 euro (ass.ne infortuni), non soci 3 euro (ass.ne infortuni e RCA). I soci in possesso di ass.ne infortuni personale sono esenti dal pagamento e devono comunicarlo al capogita.

Bici in ordine, camera d'aria di scorta, casco consigliato.
IMPORTANTE: LA FIAB NON E' UN'AGENZIA DI VIAGGI  quindi tutti i partecipanti sono tenuti a collaborare per la buona riuscita della gita rispettando il Codice della strada e le indicazioni del capogita.
Chi decide di abbandonare il gruppo deve comunicarlo al capogita, da quel momento le coperture assicurative non saranno più valide.

martedì 17 marzo 2015

"Il Pagéli di Crozè in djalètt Pramzàn" Sasól - Pärma 4-1. Testo pubblicato sulla Gazzetta di Parma del 17 marzo 2015.




(Testo in dialetto parmigiano)
Sasól Pärma 4-1

Mirànt zéro : partìmma con la spiegasjón di zéro : par mi a gh’ ì da stär a ca' da chi ala fén dal campionät, al teatrén äd Tavecchio e il bali 'd Manenti l’é ora 'd dir basta, vojätor in camp e i tifóz fóra ! tutt a ca', anca parchè par fär dìll figuri acsì, l’é méj fär di conchèn ala Coräla

Santacróza zéro : fóra condisjón, fóra concentrasjón, fóra dala partìda, fóra dal campionät ! n’ätra marionètta dal teatrén äd Tavecchio; gnan da vèddor !

Lucaréli zéro : no Capitàn, é rivè al momént äd dir basta 'na volta par tùtti, còsste chi al 'n é mìga zugär, còsste chi l’é falsär al campionät ! a tógh in prést 'na còza ch' l’ à scrìtt un mè amigh, dìll volti la dignitè l’é rifiutäros äd fär il còzi, e còsste chi l’é al momént äd stacär la spén’na dal tutt

Mendez zéro : cme Santacróza, tésta scolegäda dal gambi e dai pè, compärsa in-t-na comédia sénsa séns, figurant ala corta äd còjj che prìmma i n’ àn mìga impedì a di tragatén d’arduzìros in chill condisjón chì e adésa is' fan la limòzna parchè torna cont a lor !

Gobbi zéro : co sarvìssa, Massimo andär in camp acsì, ch' a ciapì la rumba anca dal Fidénsa ? còsste chi a n’é miga onorär la maja, as' và in camp béle in situasjón d’inferioritè totäla elóra mi digh, di ch' a véna in camp bibì, bibò, giordano, taci, kodra, manenti, al so commercialìssta, tavecchio, tommasi, albertini, e magàra anca Sanz, acsì sèmma rivè a vùnndos

Lila zéro : l’é méj ch' a ’n dìgga mìga còll ch' a pénsi äd l’ezultansa äd chilù, sionò as' va a tirär a man dìll còzi delicädi bombén; in compéns dardè l’à regalè du gol e l’é meno afidabil dal mìttich Garito, roba vintage mo av' garantìss mi, al tarsén pù balord pasè da Pärma, mo mìga dal Tardini e basta, anca da l’Amorini e da Via Sbravati

Varela zéro : al me ragas, artórna d’ indó at' si gnù, par còll ch' at' fè e par còll ch' a t’é ciapè fin adésa, l’é méj par ti e basta, da mént a mì

Nocerino zéro : la vlontè la ’n manca mìga, l’é pròprja l’andär in camp ch' a ’n gh' à mìga séns, anca parchè i prìmm a fär dìll figuri grami j’ én lor, anca còjj ch' a gh' la mètta tùtta, mo purtrop la tésta la ’n pól mìga funsjonär da razón elóra anca chilù, srà anca par cóll barbón lì, al pär vón äd còjj ch' al va a zugär in Citadéla al sàbot dopmezdì vint contra vint, col bräghi fati su, i calsètt bjanch e il scarpètti in-t-la borsa äd plastica dal Lidl

Galòpa zéro : Biónd, at' si stè vón äd còjj ch' l’ à ( giustamént ) mìss in mora la Socetè, còll che cuand Manenti l’à fat la prìmma riunión par contärov dill bali a té t' si tòt su ( ancòrra pù giustamént ) e at' si andè fóra, e adèsa t’ acét d’andär in camp ? par chi ? par còza ? dailà !!

Mauri zéro : at' si còll ch’ al gh' à meno colpa äd tutt par l’asurditè äd continuär a zugär; a desdòt an' con 'na cariéra davanti, cój brigant ch' a gestìssa ch' l’ambiént chi, at' rìzgiarìss d’ avér fnì prìmma ancòrra äd cminsär la carjéra, citofonär a Dino Baggio par capir có s' é adrè fär inténdor

Belfodil zéro : chilù invéci par còll ch’ al fa in camp al podrìss stär a ca' diretamént, tant a né s' n'acòrza mìga nisón, par còll ch' l’ à fat da l’inìssi äd l’an';

Donadón zéro : Mìsster, dal stéli al stàli, su e zò cme un yoyò, 'na stmana al dìz 'na còza giùssta còlla dòpa al dìz dil còzi ch’ in stan né in cél né in téra; adésa sintir där fiducia a manenti e rampär su p'r i spèc' par giustificär l’asurditè äd zugär, o méj äd fär il marionètti al teatrén di brigant par mi l’é 'na còza ch’ la né s' pól mìga sintìr, cme a né s' pól mìga vèddor zugär e cme né s' pól mìga vèddor andär al stadio a fär i spetatór dal macél äd la tò scuädra ! còsste chì n’é mìga pù calcio, còssta chi la n’é miga pù la scuädra dal Pärma, còsste chi al n’é mìga pù tifo; tutt insensè e spér ch'al fnìssa sùbbit !
AVANTI CROCIATI
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(Testo di Crociato 63)
(Correzione ortografica a cura di Enrico Maletti)

domenica 15 marzo 2015

SAPETE COSA VUOL DIRE IN DIALETTO PARMIGIANO ?????????????



(Foto di Cristina Cabassa) 
(Clicca sulla foto per ingrandirla)


Sapete cosa è in dialetto parmigiano il "ROMLASÉN"...in Italiano è il “RAVANELLO o RAPANELLO”.

Sapete cosa è in dialetto parmigiano la "RAZÓRA o GRATARÓLA"...in Italiano è “LA GRATTUGIA”.

Sapete cosa è in dialetto parmigiano la "BRÓNZA"...in Italiano è la “ PENTOLA”.

Sapete cosa è in dialetto parmigiano al "GARBÙZ"...in Italiano è il “CAVOLO CAPPUCCIO”.

Sapete cosa è in dialetto parmigiano al "TAVLÒT"...in Italiano è il “TAGLIERE PER SPIANARE LA PASTA” mentre al “TAJÉR” “ROTONDO, PER TAGLIARVI SOPRA LE VIVANDE” e la “PISTARÓLA” è “RETTANGOLARE PER TRITARVI SOPRE LE VERDURE CON LA MEZZALUNA”.


Tgnèmmos vìsst

La Féra 'd San Giuzép... I soci del Circolo Aquila Longhi capitanati da Corrado Marvasi ANIMA dedlà da l'acua, questa mattina prima dell'apertura della fiera hanno lavato e “disinfettato” borgo Santa Maria la via della sede dell'Aquila Longhi. Complimént...


(CLICCA SULLE FOTO PER INGRANDIRLE)


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sabato 14 marzo 2015

IL VANGELO DELLA DOMENICA. COMMENTO DI DON UMBERTO COCCONI




IL VANGELO DI DOMENICA 15 MARZO 2015

Nicodemo è un uomo importante, è considerato un maestro, in Israele. Ha sentito parlare del discusso rabbì di nome Gesù e desidera incontrarlo, ma non può farlo “alla luce del sole”: ha pur sempre una reputazione da difendere! Per questo, si reca da lui di notte, lontano da sguardi indiscreti. Indubbiamente è una figura emblematica: di giorno è un fariseo, zelantissimo maestro della Torah, di notte, invece, compie una sua ricerca privata, fuori dagli schemi. Non ha qualcosa di familiare, tutto questo? Anche noi, occidentali del terzo millennio, siamo allineati alle logiche di questo mondo; ne seguiamo le leggi e i riti, ma nello stesso tempo, nella nostra notte, nel nostro profondo, sentiamo e manifestiamo un’insoddisfazione, un’inquietudine sempre inappagata, per una vita che non ci soddisfa mai fino in fondo. Nicodemo, cercatore notturno, mi sembra davvero l’icona dell’uomo del nostro tempo: «disincantato, critico, e al tempo stesso confuso e insicuro; segnato da un radicale scetticismo nei confronti di Dio e di ogni ideologia totalizzante» (Giovanni Colzani), eppure sempre alla ricerca, teso verso un inafferrabile “di più”. Per quanto fortemente dominato dalle logiche scientifiche, assediato dalla concretezza dei fatti, l’uomo d’oggi è ancora attratto dal mistero della vita, ed è pur sempre portato a riconoscere quell’inafferrabile che lo supera, che viene da un “altrove”. 

Ma in questo mondo non sembra più abitato dal “brusio degli angeli”, dove l’uomo ha voluto costruire la sua storia senza nessun riferimento al trascendente, sarà ancora possibile andare oltre se stessi, oltre la realtà fenomenica? Chi saprà dare una risposta alla ricerca di senso di questo Nicodemo, che è l’europeo di oggi? Saprà allora questi sintonizzarsi su una nuova lunghezza d’onda, saprà aprirsi “alla luce vera che è venuta nel mondo” o ancora una volta preferirà “le tenebre alla luce”, perché “le sue opere sono malvagie”? Forse, la cosa più difficile per l’uomo di oggi è ancora accettare che ci sia davvero Qualcuno che “lassù” lo ami. Non può crederlo del tutto, altrimenti dovrebbe impazzire all’idea che Dio lo sta davvero cercando, come uno sposo instancabilmente in cerca della sua sposa, o una sposa dello sposo, come nel sublime Cantico dei Cantici. L’uomo crede che Dio sia un contendente, un rivale, un padrone dal quale fuggire per emanciparsi. Ancora una volta, come in quella lontana notte con Nicodemo, Gesù ricorda invece all’uomo che Dio ama il mondo, lo ama alla follia, al punto da “donare suo figlio per la salvezza” di questo mondo, che rischia di perdersi per sempre. Questo racconto di un Dio che ama il mondo ben più di quanto lo amiamo noi, non ci destabilizza, non ci scandalizza? Dietrich Bonhoeffer criticava l’idea che una vita coerentemente cristiana debba comportare la fuga dal mondo, sostenendo che al cristiano è richiesto invece di misurarsi con la complicata realtà della storia e di entrare in essa. 

La vera spiritualità consiste dunque nel coraggio di immergersi in questo mondo. Molti uomini, forse, si sono allontanati da Dio perché lo hanno visto o immaginato “estraneo”alle cose alla terra e davanti a una tale immagine di Dio, la sentenza di Nietzsche “Dio è morto” ha un valore davvero liberatorio. Il Dio biblico, invece, rivelato all’estremo in Gesù, è tutt’altra realtà: desidera senza sosta "ri-fidanzarsi" con il mondo che lo rifiuta, perché ne è super-innamorato. E noi cristiani, perché non lo siamo? Per questa amata terra, per questo pianeta, per le nostre relazioni in questo mondo, che cosa facciamo? In un tempo come il nostro, che ama il primeggiare e l’imporsi, dove si guarda soprattutto alla realizzazione di se stessi e si rifugge assolutamente da ogni forma di fallimento, parlare della croce è scandalo e stoltezza, come direbbe giustamente san Paolo. Ma la croce piantata nella nuda terra è la rivelazione di un amore senza riserve né confini, che si consegna totalmente, pur sapendo di non essere corrisposto. La croce non contraddice l’amore per la vita, anzi lo esalta, lo porta alla sua più alta verità. Se la vita è amore, il fine della vita è dare la vita per gli altri: la morte viene privata del suo carattere di capolinea tragico, proprio perché diventa la via per raggiungere le energie più profonde e più vere della vita, date dall’amore. L’Abbá (papà) di Gesù, prima ancora di dire qualcosa su Dio, intende chiarire come dobbiamo stare davanti a Lui: vivendo da figli, da autentici figli suoi, e quindi da fratelli.
(DON UMBERTO COCCONI.)