"Al Condominni" poesia brillante in dialetto parmigiano di Bruno Pedraneschi,letta da Enrico Maletti

Estratto di un minuto del doppiaggio in dialetto parmigiano, realizzato nell'estate del 1996, tratto dal film "Ombre rosse" (1939) di John Ford. La voce di Ringo (John Wayne) è di Enrico Maletti


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sabato 9 maggio 2015

IL VANGELO DELLA DOMENICA: COMMENTO DI DON UMBERTO COCCONI


IL VANGELO DI DOMENICA 10 MAGGIO 2015

Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri». (Vangelo di Giovanni).

«L’esperienza umana dell’amore è sempre esperienza di amore malato» afferma Massimo Recalcati. Questo perché tante volte quando amiamo, esigiamo il possesso assoluto dell’altro: l’amore si accompagna al delirio della gelosia e dell’invidia. Infinite volte la Bibbia ci racconta che l’amore di Dio è, per certi aspetti,  simile a quello di un padre e di una madre per il proprio figlio. Infatti l’amore genitoriale si manifesta, proprio, nel rispondere all’appello del figlio, col dire “eccomi io sono qui per te”. Nella vita, tante volte si è esposti alla solitudine e questa esperienza drammatica esige che qualcuno dica:  “Eccomi, conta su di me, non sei solo nel buio, nel silenzio della notte”. E il nostro grido nella notte, non è solo un urlo, ma è un appello, una domanda, un’invocazione, una preghiera: dove c’è risposta, presenza amorevole, la vita non è abbandonata a se stessa, ma voluta, desiderata e attesa. «Tu non sei qui per caso. Tu non sei qui nell’abbandono assoluto. Tu non sei semplicemente un grido nella notte. La tua esistenza ha un senso per me», afferma Recalcatie questo è il valore insostituibile della risposta genitoriale, che implica la responsabilità, il prendersi cura sino in fondo dell’altro. Ma vivere la genitorialità non è solo dire “eccomi, Tu sei mio figlio, io sono qui per te”, assumendosi così la responsabilità di una vita. Tuttavia dopo aver accudito e dato valore alla vita dei figli, i genitori dovrebbero “staccare il cordone ombelicale” per consegnare, donare e non tenere per sé i propri figli. Questo è il dono più grande dell’amore: lasciare che un figlio lasci la casa del padre e della madre, per prendersi cura del mondo, così facendo essi fanno dono al figlio della libertà. 

L’amore che il Padre ha avuto per Gesù non lo ha tenuto legato a sé, non lo ha fagocitato e tantomeno trattenuto, ma gli ha dato la possibilità di essere libero, di donare la sua vita. Quello stesso amore che ha ricevuto Gesù dal Padre, Lui lo ha donato ai suoi discepoli e il frutto di questo “dimorare in lui” è la possibilità di vivere nell’amicizia. Il Vangelo mi mostra come io sono amato da Dio, anzi me lo dimostra Gesù con la sua Passione per me. L’unico comando di Dio è l’amore reciproco tra di noi, perchè dove c’è “Amore tra i fratelli li” c’è davvero Dio e quindi dove c’è l’amore tra di noi, come Padre di tutti Dio è in mezzo a noi, per realizzare sulla terra il suo Regno. Di cosa c’è bisogno al mondo? Di vedere della gente che si vuole bene, così comprende che Dio è il Padre di ogni uomo. Chi siamo noi per Gesù? Non servi, ma i suoi amici! L’amore che Gesù ha per noi ci “costituisce” suoi amici. E come sappiamo di essere davvero i suoi amici? Prima di tutto è Lui che ci ha scelti, è Lui che ha preso l’iniziativa e ci ha fatto uscire dal buio della notte. Essere scelto come suo “amico” è l’esperienza più grande che ci possa capitare; se prima si era qualcuno di importante per i propri genitori, ora anche agli occhi di un proprio pari si diviene speciali e preziosi. E, sempre mi chiederò perché lui mi ha scelto, che cosa avrà mai visto in me? Essere amici, infatti,  vuol dire “condividere dei segreti”, significa sperimentare una speciale intimità e confidenza, una confidenza così grande che ti fa sentire accolto, non giudicato, ma guardato con tanta simpatia e tenerezza. Gesù, chiamando i suoi discepoli a questa relazione speciale, li invita a vedere in Lui non solo il maestro e il Signore, ma colui che li chiama a vivere un rapporto di reciprocità e di uguaglianza. «Solo il colloquio “fa” gli amici, solo il colloquio li porta nella loro autentica essenza» (Martin Heidegger ).

 Non è l’insegnamento, non è la predica, ma è il colloquio che ci fa sperimentare la confidenza, in quanto pretende l’ascolto, l’attenzione, l’empatia, il guardarsi in faccia. Lo si fa anche con i gesti, con una stretta di mano o un abbraccio. L’amore che Gesù ha verso i suoi amici è “per sempre”, perché il suo amore non si lascia condizionare dai nostri sentimenti, dalle nostre voglie, né tantomeno dalla nostra slealtà. Il Suo amore, a differenza del nostro, ci fa scoprire che Lui sa amare per primo e che Lui c’è nonostante le nostre infedeltà. Ogni amore umano vuole essere per sempre: ci si incontra per caso, in maniera contingente, aleatoria, imprevedibile, ma pretendiamo che quell’istante di grazia possa durare per sempre. Ogni amore autentico domanda che duri “per sempre”. L’amore è sempre amore del nome dell’amato, l’amore umano mette l’assoluto nel particolare. Se ci pensiamo il perdononon è la forma più alta dell’amore? Ma che cosa significa saper perdonare? «Il perdono degno di questo nome è sempre perdono dell’imperdonabile» (Jacques Derridà). Se non succede questo, significa dover riconoscere l’altro come imperdonabile, diverso da come lo si riteneva. E proprio per questo essere assolutamente altro da me mi può anche tradire, mi può ferire e uccidere nel profondo. La forza dell’amore è riuscire a perdonare l’imperdonabile, riconoscere la “diversità” di chi amiamo. E Gesù,col chiamarci “i suoi amici” ci dice che noi per Lui saremo per sempre suoi, anche quando noi non lo saremo, Lui non verrà meno al suo amore, perché il Suo è «L'Amore più grande».
(DON UMBERTO COCCONI)

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