"Al Condominni" poesia brillante in dialetto parmigiano di Bruno Pedraneschi,letta da Enrico Maletti

Estratto di un minuto del doppiaggio in dialetto parmigiano, realizzato nell'estate del 1996, tratto dal film "Ombre rosse" (1939) di John Ford. La voce di Ringo (John Wayne) è di Enrico Maletti


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domenica 3 aprile 2016

IL VANGELO DELLA DOMENICA: COMMENTO DI DON UMBERTO COCCONI


La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi». Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!» (Vangelo di Giovanni).

1.       Tommaso è detto Didimo, letteralmente significa “gemello”. “Gemello” innanzitutto nostro, specchio di ciascuno di noi, credenti dubbiosi e interroganti, pieni di slanci, ma anche di fragilità: questi opposti ci abitano.
2.       Questo doppio che scade spesso in ambiguità, che non comprendiamo, che ci fa male e che non riusciamo a spiegarci, questa ambivalenza che ci spaventa e ci mette in lotta: questi contrari che feriscono la nostra identità e si arriva a una certa età e ancora non sappiamo bene chi siamo e che cosa vogliamo! Pensi una cosa, ne ami un’altra e ne fai un’altra ancora: e ti tradisci. I primi tradimenti, quelli più dolorosi, partono sempre da noi.
3.       «Le stagioni della fede, come quelle della nostra vita, raramente sono lineari e senza complicazioni e tutto questo esprime proprio il mistero e la complessità della nostra vita» (Luca Violoni).
4.       Tommaso non c’era quando venne Gesù, il primo giorno dopo il sabato. Perché non era con gli altri nel cenacolo quando il Risorto è apparso? Forse una delle ragioni per comprendere l’assenza di Tommaso è perché il suo cuore è abitato dai sensi di colpa. Non si perdona di essere fuggito, di avere lasciato morire solo il suo maestro, lui che gli aveva detto: “Veniamo anche noi a morire con te!”. Ci sono parole dette e non vissute che pesano come macigni.
5.       Quando i discepoli dicono a Tommaso: “Abbiamo visto il Signore”, lui non crede alla loro parola, non riescono a convincerlo, nonostante, in prima persona, erano stati testimoni oculari del Risorto. L’avevano sentito dire: “Pace a voi”; avevano visto le sue ferite e avevano gioito al vedere il Signore.
6.       E’ paradossale: Tommaso non ha accolto la testimonianza di Pietro e degli altri, non ha creduto alla comunità che ha visto, ascoltato, toccato il Risorto e che ora lo sta annunciando. Tommaso è il primo ad aver ascoltato l’annuncio della Chiesa: “il Signore è Risorto”, ma non crede. Quella Chiesa che ha ricevuto il mandato di rimettere i peccati, con la missione di andare da ogni fratello a toglierlo dalle acque del male, trova in lui il primo “ostacolo”, il primo detrattore, il primo contestatore. Lui sta dicendo loro: “Si…voi mi annunciate questo, ma come posso fidarmi di voi? Anche voi lo avete lasciato solo. Siete scappati come me, lo abbiamo lasciato morire e ci siamo messi al sicuro. Come faccio a fidarmi di voi, di me?”. 
7.       Tommaso aveva già visto, con i suoi occhi, che Lazzaro, morto da più giorni, era uscito dalla tomba, ma credere che colui che era stato condannato a una morte così ignominiosa, la crocifissione, fosse risorto era per lui inconcepibile. Per questo vuole constatare che proprio colui che è stato crocifisso, Gesù di Nazaret sia risorto, e per fare questo deve toccare le sue piaghe.
8.       Solo così potrà credere. «Se non vedo, se non tocco, se non metto la mano non credo!»: Tommaso vuole delle garanzie, sperimenta la fatica di credere, come noi quando i dubbi sorgono, quando situazioni difficili o errori della comunità scoraggiano. Tommaso dice a ciascuno di noi: “Non stancarti di porre le tue domande: qualcuno, custode della luce, ti porterà la risposta”.
9.       Otto giorni dopo Gesù torna in mezzo ai suoi discepoli e con loro c’è anche Tommaso e Gesù torna a mostrare le sue ferite.
10.   L'amore ha scritto il suo racconto sul corpo di Gesù con l'alfabeto delle ferite, indelebili ormai, proprio come l'amore. Ma dalle piaghe aperte non sgorga più sangue, bensì luce e la divina misericordia. Tommaso, l’incredulo scopre così che Dio lo si incontra proprio nelle sue ferite, per questo esclama: “Mio signore e mio Dio”.
11.   La contemplazione di quelle ferite, che potrebbe ingenerare paura e sconforto per i nostri tradimenti, dà invece pace, mostrano l’amore carnale di un Dio che ci ha amati sino alla fine.
(DON UMBERTO COCCONI)

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